Terzo trasportato e cinture di sicurezza

Responsabilità in ambito RCA, conferme da parte della Cassazione

È stata oggetto di attenzione e dibattito, nel recente periodo, l’ordinanza n. 2531 dd. 30.01.2019 della Corte di Cassazione. Con il provvedimento in parola la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi su alcuni dei principi cardine in materia di responsabilità da sinistro stradale, nel solco di un orientamento che, invero, poteva ritenersi ad avviso dello scrivente già ampiamente maggioritario – se non perfino consolidato. Il fatto dal quale è originata la pronuncia dei giudici di legittimità attiene, in particolare, il danno patito da un passeggero (terzo trasportato) che non ha fatto uso delle cinture di sicurezza. Come accennato, già in precedenti occasioni la Corte di Cassazione (cfr, tra l’altro, la pronuncia n. 18177/2007) aveva chiarito quanto segue:

“In materia di responsabilità civile, in caso di mancata adozione delle cinture di sicurezza da parte di un passeggero, poi deceduto, di un veicolo coinvolto in un incidente stradale, verificandosi un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento, è legittima la riduzione proporzionale del risarcimento del danno in favore dei congiunti della vittima”.

Il succitato principio ha dunque trovato piena conferma nella recente ordinanza del gennaio 2019. Nella parte argomentativa del proprio provvedimento la Suprema Corte ha attinto ai principi di (auto)responsabilità e di nesso causale , specificando come la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza – situazione che, per l’appunto, ricorre allorquando non vengano utilizzate le cinture – è certamente ricollegabile all’azione o omissione del conducente ma anche al fatto del trasportato, che ha consapevolmente accettato i rischi della circolazione stessa.

“Pertanto, in caso di danni al trasportato medesimo, sebbene la condotta di quest’ultimo non sia idonea di per sé ad escludere la responsabilità del conducente, né a costituire valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili, essa può costituire nondimeno un contributo colposo alla verificazione del danno, la cui quantificazione in misura percentuale è rimessa all’accertamento del giudice di merito[…]“.

Una percentuale che, per inciso, nel caso in esame è stata determinata in una misura pari al 30%. L’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, in definitiva, ha trovato ulteriore conferma nell’ordinanza n. 2531/2019, in quella che ad avviso di chi scrive costituisce la corretta declinazione ed applicazione dei principi contenuti, tra gli altri, negli artt. 1227 e 2054-2056 c.c..

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